EDILIZIA POPOLARE - VENDITA - Cass. civ. Sez. III, 13-03-2018, n. 6008

EDILIZIA POPOLARE - VENDITA -  Cass. civ. Sez. III, 13-03-2018, n. 6008

In materia di edilizia residenziale pubblica, ai fini del diritto al subentro nell'assegnazione dell'alloggio non è sufficiente la convivenza con l'originario aspirante assegnatario al momento della morte, ma è altresì necessario essere inclusi nel nucleo familiare denunciato nella domanda. In tal senso, invero, pur configurandosi un diritto soggettivo al subentro da parte dei componenti del nucleo familiare dell'assegnatario, è necessaria la domanda al fine di consentire all'ente l'accertamento dell'esistenza dei presupposti e, quindi, l'apertura del procedimento amministrativo, previsto per il riscontro delle condizioni di riconoscimento del diritto. (Nel caso concreto, mancando la domanda di subentro e ampliamento, è mancato l'avvio del relativo procedimento, con conseguente legittimità dell'opposto decreto di rilascio)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Presidente -

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere -

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere -

Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere -

Dott. MOSCARINI Anna - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24210-2015 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 131, presso lo studio dell'avvocato MASSIMO CAVATORTA, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

ATER AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE COMUNE ROMA, in persona del Direttore Generale pro tempore, Arch. R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLUCCI DE CALBOLI 20-E PRESSO SEDE AVVOCATURA DELL'ENTE, presso lo studio dell'avvocato EDMONDA ROLLI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente - avverso la sentenza n. 3618/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 06/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/04/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto;

udito l'Avvocato MASSIMO CAVATORTA.

Svolgimento del processo

I sigg.ri G. e F. proposero opposizione avverso il decreto di rilascio, emesso ai sensi del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 18 e della L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 15 di un appartamento sito in (OMISSIS), deducendo di essere divenuti titolari, ai sensi della L.R. Lazio n. 33 del 1987, art. 20 del diritto al subentro nel godimento dell'immobile rispettivamente quale figlio convivente dell'originario assegnatario, deceduto nel corso del rapporto, e quale coniuge di G.R., pur in assenza di comunicazione dell'ampliamento del nucleo familiare L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 5. L'Ater si costituì in giudizio contestando la fondatezza dell'opposizione.

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 2013, evidenziò la mancanza dei presupposti per l'esistenza del diritto e cioè della comunicazione di ampliamento del nucleo familiare, ai fini della verifica dell'esistenza dei requisiti di legge per procedere alla voltura del contratto, e rigettò pertanto l'opposizione.

Gli appellanti dedussero che le previsioni della L. n. 33 del 1987 non potevano trovare applicazione alla fattispecie, quanto al figlio dell'assegnatario, perchè la nascita era avvenuta in epoca antecedente l'entrata in vigore della legge e perchè il nucleo familiare originario indicato nel contratto doveva intendersi accresciuto in modo naturale senza obbligo del procedimento di ampliamento di cui alla L. n. 33 del 1987, art. 20, comma 6; quanto alla moglie, F.M., perchè la presenza della stessa, in assenza di un obbligo di comunicazione per le medesime ragioni inerenti il nucleo familiare originario, era stata segnalata più volte all'ente in occasione dei vari censimenti.

La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 6/7/2015, ha rigettato l'appello dopo aver evidenziato che l'originario assegnatario non aveva comunicato nessun ampliamento del nucleo familiare rispetto a quello dichiarato nel contratto; che non era mai stata avanzata la domanda di subentro anteriormente all'emissione del decreto di rilascio; che i canoni erano stati corrisposti mediante bollettini intestati all'originario assegnatario e che i ricorrenti erano rimasti nella detenzione del bene, anche dopo il decesso dell'assegnatario medesimo, senza consentire alcuna verifica dell'esistenza dei presupposti per una nuova assegnazione; che non aveva alcuna rilevanza la compilazione di modelli predisposti dall'ente in occasione dei vari censimenti, trattandosi di comunicazioni diverse da quella richiesta dalla legge per l'ampliamento del nucleo familiare da parte dell'originario assegnatario. La Corte d'Appello ha aggiunto che, al caso in esame, andava applicato la L.R. Lazio n. 33 del 1987, art. 20 avuto riguardo alla data di decesso dell'assegnatario e quindi all'insorgenza del diritto al subentro per il figlio convivente, in quanto detta legge, pur non prevedendo, come la L. n. 12 del 1999, l'onere di un'immediata comunicazione all'ente nel caso di accrescimento del nucleo familiare, tuttavia sottintendeva chiaramente l'ineludibilità di detta comunicazione, quale presupposto indispensabile per l'esercizio dei poteri discrezionali in ordine alla sussistenza dei requisiti soggettivi di legge per il riconoscimento, in favore del nuovo componente, del diritto al subentro; e ciò in conformità anche con il D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 12che, nel disciplinare il diritto al subentro del familiare convivente, richiede, prima del decesso dell'assegnatario, che quest'ultimo comunichi le variazioni del nucleo familiare onde consentire all'ente le sue valutazioni sulla regolare situazione abitativa dell'alloggio, in mancanza delle quali l'indebita cessione, anche parziale, del medesimo è sanzionabile con la revoca dell'assegnazione. Avverso la sentenza il G. e la F. propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria. Resiste l'Ater con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio n. 33 del 1987, artt. 20 e 21 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 nella parte in cui la sentenza non ha riconosciuto la successione automatica dei conviventi dell'assegnatario, al momento del suo decesso, nel godimento dell'alloggio. Ad avviso dei ricorrenti, al momento del decesso dell'originario titolare, subentrerebbero i componenti del nucleo familiare, come definito dall'art. 3 e secondo l'ordine ivi indicato, anche in ragione della parità di diritti dei diversi membri del nucleo secondo quanto previsto dall'art. 21 stessa legge. In questa prospettiva l'individuazione di coloro che hanno diritto di succedere all'assegnatario avrebbe una valenza meramente amministrativa, non essendo detti diritti subordinati ad una preventiva e discrezionale valutazione dell'ente gestore, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. 10/1/2003 n. 178) secondo la quale la normativa regionale considererebbe il nucleo familiare dell'assegnatario, e non già quest'ultimo, quale centro sostanziale di imputazione dell'assegnazione dell'alloggio.

Nella prospettiva dei ricorrenti vi sarebbe - e non potrebbe che esservi - pari trattamento per i figli legittimi o naturali, con assoluta irrilevanza della comunicazione di ampliamento del nucleo familiare, laddove, invece, la previsione dell'onere di comunicare la presenza di altri soggetti dovrebbe essere ricollegata non ai familiari già conviventi con l'assegnatario ma alla diversa ipotesi di "ampliamento del nucleo familiare" originario o naturale a soggetti terzi. Solo in questo diverso caso, e a differenza della successione della prole, l'ente sarebbe tenuto a verificare la sussistenza dei requisiti per il diritto al godimento (art. 20, comma 6). Nel caso in esame, invece, G.R., figlio naturale dell'assegnatario G.M. e convivente con lo stesso al momento del decesso, era titolare del diritto al subentro indipendentemente da qualsiasi comunicazione perchè l'ente non poteva svolgere alcuna valutazione discrezionale sulla permanenza di un neonato nell'alloggio, alla luce dell'interpretazione restrittiva peraltro fondata sul previgente D.P.R. n. 1035 del 1972.

In tal senso si porrebbe la giurisprudenza di questa Corte con particolare riguardo alla pronuncia Cass., 1, 17/06/1995 n. 6866.

Con il quarto motivo denunciano la violazione dell'art. 132 c.p.c. e dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 in ordine alla domanda proposta dalla ricorrente F.M.: la sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare che la posizione della F., quale coniuge di G.R., era stata evidenziata nei censimenti e quindi l'ente poteva valutare l'esistenza dei requisiti della stessa. Nella specie non si poneva una questione di diritto al subentro perchè la F. non faceva parte dell'originario nucleo familiare ma si trattava di non poter configurare, come invece illegittimamente fatto dall'impugnata sentenza, un'occupazione abusiva.

1.2 I motivi, connessi, sono infondati.

La giurisprudenza di questa Corte - Cass., n. 9783 del 2015, in motivazione - ha chiarito che, pur configurandosi un diritto soggettivo dei componenti del nucleo familiare dell'assegnatario al subentro, è necessaria la domanda onde consentire all'ente l'accertamento dell'esistenza dei presupposti e quindi l'apertura del procedimento amministrativo, dalla legge previsto per il riscontro delle condizioni di riconoscimento del diritto.

Ed infatti, dall'esegesi delle successive disposizioni - L.R. Lazio n. 33 del 1987, art. 20, commi 1 e 6 - si ricava quanto segue: "in caso di decesso....dell'assegnatario subentrano...nell'assegnazione i componenti del nucleo familiare come definito al precedente art. 3 e secondo l'ordine ivi indicato (Ai fini della presente legge si intende per "nucleo familiare" la famiglia costituita dai coniugi nonchè dai figli legittimi, naturali, riconosciuti e adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado...e persone legate da vincoli di affinità purchè la stabile convivenza con il concorrente duri ininterrottamente da almeno due anni...e sia dimostrata nelle forme di legge....) - al momento della voltura del contratto l'ente gestore verifica che non sussistano per il subentrante e gli altri componenti del nucleo familiare a favore di altro soggetto che fosse stato già incluso nel nucleo familiare" - inteso nei suesposti termini - condizioni ostative alla permanenza dell'alloggio, questa Corte ha evidenziato che "in caso di decesso dell'originario assegnatario dell'immobile, il subentro e la voltura del contratto a favore di altro soggetto che fosse stato già incluso nel nucleo familiare di appartenenza del defunto, ovvero per successivo ampliamento, presupponeva (in aggiunta ad ulteriori condizioni oggetto anch'esse di verifica) un provvedimento di ricognizione positiva da parte dell'ente concedente e gestore. Ed invero pur se le norme non indicavano termini specifici per la proposizione delle istanze di subentro o di ampliamento nè per il compimento, da parte dell'ente concedente, delle diverse verifiche e constatazioni alle stesse correlate in ragione anche dei relativi scopi, in ogni caso dovevano essere anteriori al conseguimento dei benefici richiesti...ancorchè l'attività della P.A. fosse vincolata e non discrezionale in quanto risolventesi in provvedimento certativo e non costitutivo dei diritti in questione...." E' pacifico che, nella specie, sono mancati la domanda di subentro e di ampliamento e quindi è mancato l'avvio del relativo procedimento. Le censure devono, pertanto, essere rigettate. (Poichè ogni Regione potrebbe avere una normativa non perfettamente coincidente con quella delle altre). E la legge Regione Lazio non è quella applicabile nella specie.

I motivi sono, pertanto, infondati.

Con il secondo i ricorrenti denunciano l'erronea o falsa applicazione del D.P.R. n. 1035 del 1972, art. 12 in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, in cui sarebbe incorsa l'impugnata sentenza non considerando la differenza tra l'ipotesi del decesso dell'aspirante assegnatario prima dell'assegnazione, configurandosi in questo caso un mero interesse legittimo del subentrante alla futura assegnazione, dal subentro successivo all'assegnazione, realizzatosi nel caso in esame, a seguito della permanenza del componente del nucleo familiare nell'alloggio, derivante da un diritto ricollegabile al provvedimento originario di assegnazione.

Anche tale motivo è infondato per le stesse ragioni espresse in relazione al primo e alla luce dell'interpretazione letterale del richiamato art. 12 ai sensi del quale "In caso di decesso del concorrente, hanno diritto all'eventuale assegnazione dell'alloggio, purchè conviventi con l'aspirante assegnatario al momento della sua morte e inclusi nel nucleo familiare denunciato nella domanda, nell'ordine, il coniuge superstite, i figli legittimi, naturali riconosciuti, i figli adottivi, gli affiliati e gli ascendenti di primo grado".

Quindi, volendo ravvisare nella norma invocata un principio di ordine generale, esso costituisce conferma dell'esegesi innanzi richiamata delle norme regionali applicabili e cioè che, ai fini del diritto al subentro nell'assegnazione dell'alloggio, non è sufficiente la convivenza con l'originario aspirante assegnatario al momento della morte ma è altresì necessario essere inclusi nel nucleo familiare denunciato nella domanda. Anche il secondo motivo è, pertanto, infondato.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell'art. 132 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3 per omessa motivazione circa il motivo di appello relativo alla circostanza che la nascita del ricorrente fosse avvenuta in un momento in cui non era previsto alcun onere di comunicazione da parte dell'assegnatario. In sostanza i ricorrenti affermano che la sentenza avrebbe omesso di considerare che G.R., figlio dell'assegnatario, era nato il (OMISSIS) sicchè, ratione temporis, non avrebbe dovuto applicarsi, al suo caso, l'onere di comunicazione previsto dalla successiva legge del giugno 1987 in relazione al decesso avvenuto ad (OMISSIS). Sarebbe del tutto illogico ritenere che l'assegnatario G.M., nel (OMISSIS), dovesse comunicare la nascita del figlio R. per consentire all'Ater di valutare se lo stesso avesse o meno i requisiti soggettivi stabiliti dalla successiva L.R. Lazio n. 33 del 1987 per la permanenza nell'alloggio: sul punto vi sarebbe, ad avviso dei ricorrenti, un caso di motivazione apparente.

Il motivo è inammissibile perchè la Corte di merito, come riassunto in narrativa, ha ritenuto applicabile la legge vigente al momento del decesso dell'assegnatario - (OMISSIS) - e tale ratio decidendi, imperniata sulla logica di sistema - tant'è che la Corte richiama la previgente L.R. Lazio n. 12 del 1999 che espressamente prevedeva tale onere - non è stata impugnata. Inoltre la Corte di merito ha ritenuto quanto meno necessaria la domanda di voltura del contratto, pacificamente mancante, e neppure tale ratio decidendi è stata impugnata. Ne consegue l'inammissibilità della censura.

Conclusivamente il ricorso è rigettato con le conseguenze in ordine alle spese, liquidate come in dispositivo, e al raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alle spese del giudizio di cassazione in favore dell'Ater del Comune di Roma, liquidate in Euro 2.200 (di cui Euro 200 per esborsi), oltre accessori e spese generali al 15%. Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2018


Avv. Francesco Botta

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